maggio 2021 redazione
Donbass
Dal fronte del Donbass Questi sono i difensori del Donbass morti nell'aprile 2021 Corrispondenza di guerra dal Donbass a cura di V. Surkov e E. Vigna La cronaca di guerra e di morte nell’aprile 2021 nel Donbass è tra le più alte degli ultimi anni. Le Repubbliche Popolari si sono preparate ad una offensiva decisiva al fronte. Filmati del movimento di colonne militari rilevati dai Servizi di sicurezza della RPD fornite anche ai media, non lasciano dubbi sul fatto che la tensione sta crescendo e questo è confermato dalle fonti ufficiali della Repubblica. All'improvviso in aprile l'esercito ucraino ha cominciato a portare convogli ferroviari con carri armati su postazioni più vicine alla linea del fronte e lasciate sotto il comando di quei Battaglioni che hanno obiettivi precisi nel creare un'atmosfera revanscista e provocatoria. I presidenti delle principali potenze mondiali hanno preso frettolosamente i telefoni e decantato in coro che non vogliono la guerra, accusando ancora una volta la Russia di un qualche tipo di aggressione che non è chiara a nessuno e non è tangibile a nessuno. La Russia ha semplicemente mostrato a tutti, quanto velocemente e chiaramente può trasferire le navi delle flotte del Caspio e del Nord nel Mar Nero. Ha dimostrato quanto siano mobili e rapide le unità militari operative dei vari distretti militari, spiegando al mondo intero che sul suo territorio si stanno svolgendo esercitazioni militari. Andrebbe tutto bene se l'escalation da tutte le parti non avvenisse concretamente ai confini delle Repubbliche del Donbass, dove è un fatto storico… la guerra di liberazione popolare contro l'ucronazismo e il terrorismo non finirà mai. Un bambino di 5 anni è stato ucciso da un drone. Un uomo nato nel 1962 è stato ucciso da una scheggia di bomba nel suo appartamento. Il bombardamento degli insediamenti in prima linea sta diventando sempre più forte: ci sono civili feriti da schegge, distruzione di edifici continua. Tutti i media hanno improvvisamente iniziato a parlare ad alta voce del Donbass, di cui avevano preferito tacere fino ad ora. Qualcosa è sfondato come "un punteruolo fuori da un sacco"? I difensori più leali e fedeli del Donbass non cessano di morire in questa guerra senza fine. Secondo i dati pubblicati dal “Memoriale degli Eroi di RPD e RPL", solo nei primi 23 giorni di aprile sono morti: Igor Balyuk - 1 aprile; Yuri Semenyuk - 2 aprile; il soprannominato "Yar" - 3 aprile; Andrey Spichak - 5 aprile; Oleg Pichugin - 8 aprile; Alexey Karyagin - 12 aprile; Alexander Maryin - 20 aprile; Ruslan Kondyukov - 20 aprile; Maxim Google, - 22 aprile; Vitaliy Belik, "Lom" - 23 aprile ... Quindi, dopo tante parole “cinguettate” … conseguenze per la pace... nulla! Tutto è stato rimesso in quello stato di quella solita incertezza e angoscia, di cui gli abitanti del Donbass - che hanno una ormai consolidata pazienza - ma che, se ancora non è esaurita, è sicuramente arrivata al limite estremo. Si dice che le false intenzioni e promesse siano peggio di un colpo esploso. Ecco cosa scrivono da noi le persone al riguardo, nei loro commenti sul web: “ … Un colpo è più onesto, è una sfida diretta. La menzogna provoca sgomento come prima reazione e, indipendentemente dalla seconda, umilia in modo rilevante…”. “… Perché dà una prospettiva indecifrata e ciò che accadrà dopo è imprevedibile. Ed è proprio l'ignoto che spaventa di più…”. “… Perché è enormemente orribile e non si sa cosa aspettarsi…”. “… È meglio combattere una volta che litigare per tutta la vita…”. “… Quando ti colpiscono improvvisamente c'è una sensazione di paura ... ma poi il colpo successivo non sarà più inaspettato ... e il colpo in sé non è importante e solo il dolore può rimanere dal colpo ... ma il dolore passa, ma la paura e l’angoscia rimangono e non sai cosa aspettarti poi, perché sei in uno stato di aspettativa ignota ... “. “È meglio ricevere anche più di un colpo, ma direttamente, piuttosto che vivere nella paura. Vivere sotto una continua minaccia non riconoscibile, è molto più difficile che ricevere colpi o minacce esplicite…”. Questa è la “condizione umana” della vita quotidiana del popolo del Donbass. maggio 2021
aprile 2021 archivio
Ucraina
Ucraina: la “necropoli virtuale” dei collaborazionisti nazisti Moss Robeson, a cura di Enrico Vigna In questo articolo di un autorevole portale storico è documentato cosa hanno fatto dell’Ucraina i suoi “liberatori”, sostenuti, finanziati e armati dalle potenze occidentali, in nome della democrazia e della libertà, attraverso la rivolta del “Maidan”. Sbandierata come “rivoluzione colorata”, anche in Italia vezzeggiata e applaudita dai politici di ogni colore. Occorrerebbe sottoporre queste documentazioni a tutti coloro che in nome di un presunto “antifascismo”, celebrano i nostri eroi partigiani facendosi paladini dei valori per cui questi hanno dato le loro vite, ma poi a livello internazionale sono schierati e accomunati , in Ucraina come in Donbass, in Bielorussia come in Serbia, in Siria come in Libia, a Cuba come in Nicaragua ecc., alle politiche che hanno promosso e sostengono queste infamie, come processi di “liberazione” e democratici. La domanda semplice da porre è, se costoro sono semplicemente ipocriti e quindi organici alle politiche e ai progetti atlantici, o se sono solo sprovveduti coadiutori del padrone USA e NATO, ma pur sempre oggettivamente complici. E.V. SOS UcrainaResistente”/CIVG …Per chi dice che non ne sa nulla…! In occasione della Giornata internazionale della memoria dell'Olocausto di quest'anno, The Forward ha pubblicato una scioccante raccolta di articoli di Lev Golinkin, un collaboratore di Defending History, chiamata "Nazi Collaborator Monument Project". Essendo l’indagine più completa di tali monumenti in tutto il mondo, dovrebbe essere un elemento stimolatore per una resa dei conti internazionale con la continua glorificazione degli autori dell'olocausto nel 21° secolo.  Meno di una settimana prima, il giornalista del Jerusalem Post Jeremy Sharon, ha fatto luce su un tipo di progetto molto insolito dopo aver esplorato un cimitero digitale costruito dall'Istituto ucraino di memoria nazionale (UINP). Lanciata nel novembre 2020 per gli ucraini sepolti all'estero, la "Necropoli virtuale dell'emigrazione ucraina" è tutt'altro che completa, ma è già piena di collaboratori nazisti, tra cui "alti funzionari di unità ausiliarie di polizia" che hanno massacrato la popolazione ucraina ed ebrei. "Il progetto [UINP] chiede agli ucraini di tutto il mondo di aggiungere elementi al suo database", ha informato a dicembre la filiale del Saskatchewan del Congresso ucraino canadese. Su Facebook c'è infatti una più antica “Necropoli ucraina in Canada”, creata nel 2015, che potrebbe aver ispirato l'UINP (le immagini del progetto canadese delle lapidi dei collaboratori nazisti possono essere trovate nella "necropoli virtuale" dell'UINP). Nella parte superiore della pagina Facebook canadese c'è una foto di un controverso cenotafio a Oakville, Ontario che commemora i veterani ucraini delle Waffen-SS sepolti lì.  Lev Golinkin ha scritto un articolo sui monumenti nazionalisti ucraini del Canada la scorsa estate, dopo che il cenotafio è diventata una notizia internazionale. L'articolo del Jerusalem Post diceva poco sul coordinatore del progetto UINP Pavlo Podobed. Egli è indicato come il "marito antisemita" di Olena Podobed-Frankivska, che è la direttrice delle politiche giovanili presso l'Ucraina Rianimation Package of Reforms Coalition finanziato dall'USAID. I Podobed sono entrambi membri della filiale di Kiev dell'Associazione giovanile ucraina internazionale (CYM). Dalla sua fondazione nel 1946, la CYM ha servito come ala giovanile dell'Organizzazione clandestina dei nazionalisti ucraini-Bandera (OUN-B), che aveva collaborato con la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale e ha collaborato con gli estremisti di estrema destra nell'Ucraina del XXI secolo.  Come spiegato nel suddetto articolo l'OUN-B ha praticamente fatto suo l'UINP, durante la presidenza di Petro Poroshenko (2014-19) tramite il "Center for Research of the Liberation Movement" di Lviv, una sezione dell’OUN-B per cui lavorava Olena Podobed-Frankivska. Pavlo Podobed è il capo del Dipartimento per la conservazione dei luoghi della memoria dell'UINP. Come riportato da Newsweek nel 2017, da quando ha ottenuto il lavoro, ha "accusato gli ebrei di essere i principali autori dei crimini sovietici contro gli ucraini negli anni '20 e '30". Pavlo Podobed è contemporaneamente il presidente del consiglio di amministrazione della Heroyika Charitable Foundation, con sede a Kiev e Toronto, che ha collaborato con l'UINP sul progetto "necropoli virtuale". Heroyika si occupa principalmente della costruzione e del restauro di monumenti e memoriali in Ucraina, dedicati ai veterani anti-sovietici delle guerre mondiali, sebbene ovviamente sono stati centinaia di migliaia gli ucraini che si unirono all'Armata Rossa, rispetto all'Organizzazione dei nazionalisti ucraini o alle Waffen-SS. Heroyika ha anche fornito decine di migliaia di dollari di equipaggiamenti al Battaglione neonazista "Azov", compresi i mirini per i cecchini e almeno quattro veicoli. Tre anni dopo aver fondato la Heroyika Charitable Foundation nel 2010, Podobed è stato eletto capo del CYM a Kiev. Nell'ottobre 2014, Podobed ha sostenuto “Pravy Sector” forza neonazista alle elezioni parlamentari ucraine. Nell'ottobre 2015 è diventato un dipendente di alto livello UINP . Pavlo Podobed ha anche trascorso diversi mesi negli Stati Uniti nel 2017. Nella primavera è apparso a un evento pubblico insieme a Volodymyr Parasiuk, un nazionalista di estrema destra notoriamente violento ed ex membro di OUN a Chicago. Il 21 febbraio 2014, dopo il giorno più sanguinoso della cosiddetta "Rivoluzione della Dignità" in Ucraina, Parasiuk aveva tenuto un discorso sulla Piazza dell'Indipendenza di Kiev minacciando un colpo di stato e un bagno di sangue, ed è opinione diffusa che sia stato uno dei motivi che abbiano spinto il presidente Viktor Yanukovich a lasciare il paese. A quel tempo Parasiuk era un comandante speciale di compagnia di una milizia neonazista, che, secondo il politologo Ivan Katchanovski "i suoi cecchini hanno sparato alla polizia dall'edificio del Conservatorio di musica [a Kiev] e poi sia alla polizia che ai manifestanti dell'hotel Ukraine". Parasiuk e Podobed hanno parlato all'evento di Chicago, quasi tre anni dopo che Katchanovski aveva pubblicato per la prima volta la sua ricerca esplosiva sul "Massacro dei cecchini". Sei mesi dopo Podobed ha parlato a Washington ad una conferenza di storia militare, organizzata dal Center for US-Ukrainian Relations, un'organizzazione piuttosto oscura ma influente, associata all'OUN-B. Ha anche partecipato a una tavola rotonda moderata da Lubomyr Hajda dell'Harvard Ukrainian Research Institute. Nel 2019, Podobed è apparso in diversi video del Prometheus Security Environment Research Center (PSERC) con sede a Kiev. Secondo il suo sito web, il Centro di ricerca è partner del governo canadese. Dalla fine del 2018, Poboded ha pubblicato tutti i suoi articoli sul sito web dell'organizzazione, tranne il più recente, dove ha annunciato che il PSERC ha firmato un accordo con l'UINP e altre entità, per creare un portale Internet sull'aggressione russa in Ucraina. Il PSERC è presieduto da Mykola Balaban. In qualità di “visiting fellow” presso il prestigioso programma "L'Ucraina nel dialogo europeo", del prestigioso Istituto di scienze umane (IMW) con sede a Vienna, nel 2018-19 Balaban ha scritto un breve documento sulla violenza di massa accaduta a Leopoli nel giugno-luglio 1941, dalla parte dei nazisti. Nel frattempo, Podobed è apparso in due video del PSERC indossando una maglietta che glorifica il Battaglione Nachtigall, un'unità della Wehrmacht formata dall'OUN-B, entrata a Leopoli il 30 giugno 1941 insieme alle forze del Terzo Reich e più tardi nell'estate è diventata il Battaglione Schutzmannschaft 201. Entrambe le formazioni furono infine comandate dai tedeschi e parteciparono all'olocausto di Bullets nel 1941, l'anno stampato sulla maglietta di Podobed. Un recente articolo di Jeremy Sharon sul Jerusalem Post, sembra aver infranto le speranze di alcuni osservatori ucraini preoccupati che la politica della memoria di estrema destra dell'UINP potesse essere significativamente ridotta da Anton Drobovych, il nuovo direttore dal dicembre 2019. "Immagino che Anton Drobovych non sia riuscito, o non ha provato, a smorzare la glorificazione dei collaboratori nazisti", ha twittato il giornalista Sam Sokol, che l'anno scorso aveva scritto un profilo ottimistico di Drobovich. In retrospettiva, tenendosi accanto persone come Pavlo Podobed, l'incapacità o impossibiltà di Drobovych di cambiare le cose, sembra inevitabile. Da defendinghistory 30 gennaio 2021
maggio 2021 redazione
Vecchie e nuove nocività
Vecchie e nuove nocività Il mito della scienza, della medicina, della giustizia è un grande inganno Michele Michelino In una società dove i ricchi diventano sempre più ricchi a scapito dei poveri, i governi usano la scienza e la cosiddetta comunità scientifica per inebetire le classi sottomesse e renderle obbedienti al potere dominante. Il mito della comunità scientifica è diventato una formula mistica, un ritornello moderno molto usato, non solo in ambito scientifico, giudiziario e giornalistico, ma anche tra la popolazione. Un esempio è dato dalla task force composta da un contingente multidisciplinare di esperti - scelti in collaborazione con il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Organizzazione Mondiale della Sanità - con il compito di supportare il Governo e gli altri pubblici decisori nella definizione di politiche di contenimento del contagio da Covid-19. Sostenere l’idea che ci sia un organo di autorevoli scienziati che vigila sulla giustezza delle scoperte scientifiche serve a coprire, dietro l’autorevolezza della scienza, le scelte politiche ed economiche dei governi nell’interesse della classe al potere. In una società divisa in classi sociali con i governi nelle mani dei rappresentati delle grandi multinazionali/transazionali, degli industriali, della finanza e delle banche, la presunta neutralità e pluralità della scienza è inesistente. Nella società capitalista il profitto viene prima di tutto, prima della salute e della vita umana del proletariato e delle masse popolari. Da sempre le aziende che non rispettano le norme antinfortunistiche sulla sicurezza del lavoro e antinquinamento provocando migliaia di morti ogni anno fra lavoratori e cittadini, risparmiando anche sui costi dei dispositivi di protezione individuali e collettivi riescono a rimanere impuniti. In caso di condanna, i padroni e i dirigenti che non rispettano neanche le leggi vigenti in materia di sicurezza sul lavoro e inquinamento fanno pressione sulla magistratura che già applica leggi a favore del capitale per ottenere l’impunità con la prescrizione o l’assoluzione piena. Ostacolare, nascondere gli studi di scienziati indipendenti, senza conflitti d’interessi, sugli inquinanti e cancerogeni è da sempre stato l’obiettivo dei padroni delle industrie multinazionali e della società capitalista/imperialista. La storia dell’amianto L'amianto e le fibre da cui è composto, come altri cancerogeni, uccidono. È un killer che non perdona ed è direttamente collegato all'insorgenza del mesotelioma della pleura e del peritoneo e di altri tipi di cancro fra i quali al polmone e alle vie respiratorie. La vicenda dell’amianto che produce migliaia di morti ogni anno è sintomatica. Gli studi sulla sua pericolosità risalgono a primi anni del 1900 quando in Gran Bretagna furono approvate le prime leggi che prevedevano il monitoraggio della salute dei lavoratori e i risarcimenti per chi si ammalava. Nel 1906, a Torino, la proprietà della British Asbestos Company che lavorava amianto a Nole Canavese, denunciò per diffamazione il direttore e il gerente di un foglio locale, il “Progresso del Canavese”, ritenendosi danneggiata da una corrispondenza del giornale locale del piccolo Comune di campagna alla fine di uno sciopero degli operai che protestavano contro un aggravamento delle condizioni di lavoro. Il giornale scriveva, «… che l’industria dell’amianto fa annualmente un numero incredibile di vittime e che dalle tavole necrologiche di quel comune appare che con triste frequenza operai e operaie dell’amianto muoiono per tisi, anemia o gastro-enteriti». Il giudice, dopo l’acquisizione di autorevoli pareri scientifici, arrivò alla conclusione che non vi era alcuna diffamazione nella descrizione dei fatti resa dal giornale canavese, mandando assolti i giornalisti. Solo pochi anni fa alcuni dirigenti della Bender e Martiny di Ciriè (TO) che avevano sostenuto in un processo di non essere a conoscenza degli effetti dell’amianto fino a epoca recente, furono sbugiardati direttamente dal Pubblico Ministero. Il Sostituto Procuratore aggiunto del Tribunale di Torino, Raffaele Guariniello, presentò in aula una sentenza del 1906 (del Regio Tribunale) a carico dei dirigenti dell’epoca della Bender e Marty, che illustrava dettagliatamente l’estrema pericolosità di questo minerale. Nel 1930 Merewether e Price, su incarico del governo britannico, pubblicano uno studio epidemiologico secondo il quale il 66% dei lavoratori esposti all’amianto per 20 anni soffre di asbestosi. Lo studio non tiene conto dei soggetti che hanno smesso di lavorare perché gravemente malati e di quelli deceduti. Nel 1955 esce - a dispetto dei ricatti delle industrie Tuener e dei tentativi di impedire la pubblicazione - lo studio di Richard Doll sui lavoratori della Turner nel distretto di Rochdale che dimostra che “chi lavora a contatto con l’amianto per 20 anni rischia il cancro dieci volte di più rispetto alla media generale”. Negli anni '60 il primo a dimostrare che l'amianto uccide è stato lo scienziato statunitense Irving Selikoff che ha fondato nel 1966 la divisione ospedaliera in Usa dedicata ai tumori ai polmoni presso il Mount Sinai Hospital di Manhattan, evidenziò che le persone che lavoravano a contatto con l'asbesto anche per un periodo breve riportavano segni a livello polmonare fino a 30 anni dopo. Dopo 50 anni di studi il legame tra amianto e cancro fu provato oltre ogni dubbio. Irving Selikoff, pioniere nel settore della Medicina del lavoro con i suoi studi aprì la via alle prime cause legali per malattie attribuite all'esposizione a questo materiale che per anni è stato estratto dalle cave e miniere e impiegato per proteggere le case dal calore, isolare caldaie, costruire i freni delle auto, potenziare vernici e molto altro. Nel 1970, dopo lo sviluppo di un movimento di lotta dei lavoratori esposti all’asbesto, l'Occupational Safety and Health Administration impose limiti di esposizione per i lavoratori e nel 1989 l'Environmental Protection Administration emanò nuove norme per il graduale arresto della produzione di prodotti con asbesto. Nel 1976, il 17 novembre, i padroni dell’amianto, la “Camera Sindacale dell’Amianto” e il “Sindacato dell’Amianto-Cemento” comprarono intere pagine dei maggiori quotidiani, francesi e di altri paesi, facendo scrivere dai loro “scienziati” una pubblicità dal titolo “a proposito dell’amianto” in cui negavano la pericolosità e la cancerogenicità dell’amianto (vedi la pagina 8, di Le Monde, 17 nov. 1976). Nel 1986 l’Agenzia internazionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul cancro (Iarc) dichiara che tutti i tipi di amianto sono cancerogeni e, pertanto, non esiste soglia di sicurezza per chi vi si espone. Nel 1992, con la legge 257/92, l’amianto dopo dure lotte dei lavoratori fu messo al bando anche in Italia. Fino all'approvazione della legge i lavoratori dell’Eternit di Casale Monferrato e altre fabbriche organizzarono scioperi e un presidio a oltranza in Piazza Montecitorio. L’amianto è una strage dimenticata dai governi e caduta nell’oblio che continua a uccidere ancora oggi migliaia i lavoratori, ex lavoratori e cittadini. Secondo gli studiosi tra il 2020-24 sono attesi in Italia altri 7.000 decessi per mesotelioma e ricordiamo per esperienza che i tumori d’amianto riconosciuti finora sono più di una decina. Anche in questo caso la prevenzione sarebbe semplice: basterebbe un piano nazionale di rimozione delle 40 milioni di ton. di amianto presenti in Italia a partire dai 400mila manufatti di amianto di scuole, ospedali, tubature, edifici pubblici. Questo sì che sarebbe una grande opera utile alla popolazione! Ma si sa che chi fa profitti sulla pelle dei lavoratori e della popolazione pensa ad altro e per il dio denaro si trova sempre chi è disposto a travisare la realtà a favore degli assassini. Lo vediamo ancora oggi nei Tribunali dove per le vittime del lavoro, del profitto, e dell’amianto l’ingiustizia continua. Che le industrie capitaliste finanzino studi di parte e nascondano, per ragioni di profitto, i danni che certe sostanze nocive usate nelle lavorazioni provocano a lavoratori e cittadini è ormai risaputo. Morti per cloruro di vinile monomero Interessante, è rilevare come durante il processo Montedison a Porto Marghera sugli omicidi dei lavoratori morti per cloruro di vinile monomero e sui crimini ambientali della laguna di Venezia iniziato il 13 marzo 1998, l’azienda nascose i dati sulla cancerogenicità e la relazione tra angiosarcoma e cloruro di vinile già dimostrata da studi condotti dalle stesse aziende chimiche produttrici e tenuta segreta senza avvisare i lavoratori e senza prendere nessun provvedimento per la salute. Le gravi conseguenze dell’esposizione al CVM, ipotizzate per la prima volta nel 1969 al Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro di Tokio da un medico della Solvay, Pierluigi Viola, furono definitivamente confermate in Italia a seguito di un’indagine epidemiologica commissionata da Montedison all’Università di Milano, condotta nel 1971 dal prof. Cesare Maltoni negli stabilimenti di Brindisi, Marghera, Terni e colpevolmente nascoste per non intaccare i profitti della multinazionale. Non c’è da stupirsi che il capo redattore della rivista scientifica Lancet (una delle più autorevoli) abbia dichiarato recentemente che “…gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può semplicemente essere falsa”. Tutti i settori importanti dal punto di vista politico o economico, tutti i monopoli capitalisti/imperialisti cercano di occupare una posizione di potere in seno a governi, istituzioni, in determinati ambienti sociali o culturali per far prevalere la loro volontà e i loro interessi, finanziando le campagne elettorali dei politici e alcune ONLUS a loro favorevoli. La ricerca indipendente è strozzata, la stragrande maggioranza delle ricerche è finanziata da aziende private, sia per quanto riguarda l’attendibilità dei risultati, sia perché la ricerca è indirizzata a ottenere risultati spendibili sul mercato, non socialmente utili. Ad esempio lo stimolo può essere verso ricerche che portino a nuovi prodotti medici riguardanti patologie che statisticamente colpiscono pazienti con alto reddito oppure ricerche su temi che possano distrarre dai potenziali rischi di altri prodotti già in commercio. Quando si parla di scienza, sia fatta da uno scienziato, sia da un non addetto ai lavori, si ha sempre l’idea di parlare di qualcosa che non ha a che fare con la fallibilità umana, col conflitto d’interessi, con l’economia, con l’egemonia, con il capitalismo, con l’utilitarismo, con la produttività ecc. Questo è il grande errore. È come se pensassimo che, siccome il sistema giuridico si basa sul concetto de “la legge è uguale per tutti”, la magistratura e tutto il sistema giuridico fossero esenti da corruzione, errori, impedimenti, pressioni di potere. Nel capitalismo, la scienza, la medicina, le leggi i governi e le istituzioni sono espressione delle dinamiche economiche capitaliste, industriali, produttivistiche, politiche e militari. Sono al loro servizio, sostengono i loro interessi e le decisioni ricevendo in cambio lauti compensi. Oggi padroni e governi giustificano il peggioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari in tutti i paesi, prendendo a pretesto l’allungamento della vita media della popolazione. Dimenticano, o meglio, nascondono la realtà che nella società in cui ci sono ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori ci si ammala e si muore più giovani fra la classe proletaria. In una società divisa in classi dove il potere è in mano ai capitalisti il cui unico scopo è la realizzazione del massimo profitto, la scienza e la medicina non sono neutre, ma al servizio della classe dominante. Il comando capitalistico nei luoghi di lavoro e nella società fa sì che la scienza, la tecnologia, la medicina scientifica o pratica, quella privata o pubblica, ospedaliera o territoriale non è al servizio del progresso di tutte le classi sociali, ma è funzionale alle esigenze del capitale, al di là delle forme e dell’assistenza che fornisce e che comunque paghiamo. Per tumori o cancro del polmone, della laringe, della faringe, dell’intestino, dello stomaco, dell’utero, del seno e di tanti altri che colpiscono varie parti del corpo umano, è ormai ampiamente studiato e documentato che esiste una frequenza più alta di ammalati e morti nel proletariato, nelle classi più povere che in quelle più ricche. Oggi in piena pandemia di Covid 19 la situazione per le masse popolari si è ulteriormente aggravata. Con la trasformazione degli ospedali in reparti covid, le terapie intensive e i pronto soccorsi intasati dai contagiati, una persona giovane, e ancor più se anziana ma senza patologie, rischia di morire per una semplice polmonite non da covid o altre malattie curabili. Ci sono decine di migliaia di ammalati oncologici, di patologie respiratorie, di cancro rimasti senza cure. A molti sono state sospese addirittura chemio e radioterapie, mentre la maggioranza della popolazione ha ormai rinunciato a curarsi, a fare le visite di controllo o andare dal medico. Le conseguenze comporteranno nei prossimi anni un aumento dei morti a causa delle mancate diagnosi precoci. Basterebbe poco a salvare vite umane se la sanità e la medicina preventiva territoriale funzionassero. Lo sfruttamento sempre più intensivo degli esseri umani e della natura, la distruzione e l'inquinamento di boschi, foreste, mari, laghi, l’urbanizzazione di massa, gli allevamenti intensivi alle porte delle metropoli e i sempre più vasti mercati di animali vivi dentro le megalopoli ha fatto stragi mondiali. Oggi, e sempre più in futuro, accanto alle vecchie malattie tipiche della classe operaia e proletaria, quelle che da sempre affliggono le classi sfruttate, si generano nuove malattie su cui possono lucrare le industrie multinazionali del settore farmaceutico e affini a scapito della popolazione. Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo impone anche ai medici e agli scienziati una scelta di campo. Nella lotta di classe si scontrano interessi antagonistici e due visioni del mondo e di società contrapposte, non è possibile rimanere neutrali: o si sta con gli sfruttati o con gli sfruttatori.
marzo 2021 redazione
Gorbačëv e la fine dell'Unione Sovietica
Mikhail Gorbačëv e la fine dell'Unione Sovietica Gorbačëv è stata la pedina finale e vincente; ma il gioco era però cominciato molto prima e aveva visto sommarsi scelte economiche e politiche interne, a fattori che, muovendo dall'esterno, avevano sicuri interlocutori nei più alti apparati partitici e statali sovietici Fabrizio Poggi Nel marzo scorso i media hanno fatto un gran baccano per il 90° compleanno di Mikhail Gorbačëv, il cui più grande “successo”, come ha scritto il PCU di Russia, è stato la distruzione dell'URSS. Detta così, sembra di fare eccessivo onore all'individuo cui, nella seconda metà degli anni '80 del secolo scorso, tutte le cancellerie occidentali facevano a gara a stringere la mano. Certo, Gorbačëv è stata la pedina finale e vincente; ma il gioco era però cominciato molto prima e aveva visto sommarsi scelte economiche e politiche interne, a fattori che, muovendo dall'esterno, avevano sicuri interlocutori nei più alti apparati partitici e statali sovietici: oggi, parte della pubblicistica comunista russa punta il dito anche su un nome apparentemente insospettabile, quale l'ex capo del KGB e poi Segretario generale del PCUS, Jurij Andropov. Ed è così che, ad esempio, uno storico di sinistra come Evgenij Spitsyn, giudica Gorbačëv «né uno stupido, né un traditore», ma uno dei soggetti che rispecchiavano la linea generale del PCUS dell'epoca post-brežneviana, dettata da quelli che Leonid Brežnev definiva «i miei social-democratici» che se la intendevano con l'euro-comunismo. Se Gorbačëv può dirsi “stupido”, è per «esser caduto, insieme a buona parte della leadership sovietica, nel gioco propagandistico occidentale»; ma, appunto, non era l'unico. Tant'è che la sua stessa nomina fu concordata tra quella vecchia volpe di Andrej Gromyko e l'allora vice Presidente USA (Presidente era Ronald Reagan) George Bush senjor, complici i vertici del KGB. Resta comunque il fatto che poi Gorbačëv ha più volte ribadito che il suo obiettivo era proprio la liquidazione del socialismo. E i risultati più appariscenti degli aleatori “nuovo pensiero” e “casa comune europea”, accompagnati molto prosaicamente dall'eliminazione del monopolio statale sul commercio estero e dal fiorire di migliaia di “cooperative” - in realtà, imprese private a tutti gli effetti - si manifestarono immediatamente ed ebbero poi l'exploit con l'arrivo di Boris El'tsin: privatizzazioni selvagge (che continuano tutt'oggi), disoccupazione, riduzione del potenziale economico del 40%, conflitti inter-etnici con centinaia di migliaia di morti, con una mortalità “naturale” che in alcune regioni superava di 2 volte la natalità, “grazie” alle terapie shock di Egor Gajdar e Anatolij Čubajs (il secondo, tuttora ai vertici del potere); e poi: migliaia di imprese semplicemente distrutte, per far posto all'importazione di merci straniere. L'infanzia di Mikhail Lo storico del KPRF, Vladislav Grosul, scriveva nel gennaio scorso sulla Pravda, di come, egli stesso, al primo apparire di Mikhail Gorbačëv, avesse accolto con favore gli slogan del nuovo Segretario generale su “Più socialismo!”, “accelerazione, glasnost” ecc. e come anche la maggioranza dei sovietici avesse manifestato lo stesso atteggiamento. Finché un bel giorno, ricorda Grosul, un giovane studente del suo corso non gli disse come chiamassero Mikhail Gorbačëv dalle sue parti, al sud: “Miška-busta”, nel senso che quando era dirigente a Stavropol intascava bustarelle dall'economia sommersa che già all'epoca si stava velocemente espandendo. Grosul non è d'accordo con quanti sostengono che Gorbačëv, avendo avviato la perestrojka con forse “buone intenzioni”, avrebbe poi commesso una serie di errori che portarono alla distruzione dell'URSS: «Gorbačëv aveva sin dall'inizio l'obiettivo cosciente di liquidare il socialismo, il sistema sovietico. Pertanto la disintegrazione dell'URSS, come viene definita oggi ufficialmente, è una menzogna: non disintegrazione, bensì distruzione! Lassù, al vertice, a cominciare da Gorbačëv, si fece di tutto per quell'obiettivo». Così, nelle varie Repubbliche, si cominciarono a creare i cosiddetti “Fronti popolari” di stampo nazionalista-borghese e separatista: in Moldavia, Paesi baltici, Ucraina, Caucaso (a Tbilisi, ad esempio, all'epoca di Gorbačëv, lamentavano che proprio da Mosca arrivassero gli stimoli ad agitare il nazionalismo georgiano) e si «liquidò il ruolo dirigente del partito»; ma la cosa che «allora più mi sbalordì, fu quando venni a sapere che all'organizzazione di quei Fronti prendeva parte il KGB e ciò non poteva avvenire senza la mano di Gorbačëv». L'Europa dell'Est Ma anche altri passi di risonanza ed effetto internazionale vennero compiuti con l'intervento diretto del Politbjuro del PCUS, come quando Aleksandr Jakovlev, il cosiddetto “architetto della perestrojka”, impose all'Armenia di prendersi il Nagorno Karabakh; oppure la mano di Gorbačëv e del KGB nella rimozione di Todor Živkov e dietro l'uccisione di Nicolae Ceaușescu. Ecco cosa diceva il penultimo Segretario generale della SED, Erich Honecker, nell'agosto 1992, quando i golpisti el'tsiniani lo avevano già consegnato alla Germania e qui incarcerato e messo sotto processo-farsa: «Hanno detto alla radio che Gorbačëv arriverà a Berlino per ricevere il titolo di cittadino onorario della città. Che doppia morale! L'ex Segretario generale del PCUS stretto al petto dalle stesse persone che imprigionano un altro Segretario generale. Spero che gli abitanti della capitale della DDR lo ringrazieranno adeguatamente per il suo tradimento. Per la distruzione delle imprese, la liquidazione dei posti di lavoro, la disoccupazione di massa... Avevo la nausea per la "casa comune europea" di Gorbačëv... gli applausi dell'Occidente gli erano più cari... Tutti i sostenitori della Guerra fredda, da Reagan a Bush, lo difendono. Evidentemente, Gorbačëv non si è nemmeno accorto di essersi trasformato in un mascalzone». Ricordiamo le parole (vedi: nuova unità n.6/2019) dell'ex Presidente del Consiglio di Stato della DDR, Egon Krenz «Mi sono fidato di Gorbačëv troppo a lungo. Due settimane dopo il nostro incontro a Mosca dell'1 novembre 1989, lui, alle nostre spalle, chiedeva all'Occidente quanto fosse disposto a pagare perché l'URSS accettasse l'unità tedesca». I piani della CIA Ora, probabilmente non è nulla più che una pura ipotesi, quanto riportato da Grosul sulla base dei racconti di altri accademici, secondo cui il dodicenne Mikhail, fotografato su un carro armato tedesco, nel villaggio natale di Privol'noe occupato dalla Wehrmacht, potrebbe essere stato reclutato (era una pratica comune dei nazisti, ingaggiare giovanissimi russi per compiere azioni di disturbo contro l'Esercito Rosso, in cambio di cibo) e, quindi, “sensibilizzato” alle idee tedesche e poi alle mire occidentali contro l'URSS. Non sono però delle ipotesi, il discorso di Winston Churchill a Fulton nel marzo 1946 e, poi, i documenti della CIA, che testimoniano dei piani messi e punto contro l'Unione Sovietica, molto prima degli anni '80. Ad esempio, il cosiddetto “Piano di utilizzo psicologico della morte di Stalin”, con cui gli USA pianificavano di minare URSS e blocco sovietico, era stato ultimato il 13 marzo 1953, con l'obiettivo di ottenere “reali progressi in direzione dei nostri interessi nazionali”, nel momento del passaggio di poteri in Unione Sovietica in “nuove mani”. Gli obiettivi fondamentali erano quelli di “ridurre forza e influenza dei Sovietici sui paesi satelliti, sulla Cina comunista e negli affari internazionali”, e attuare quindi “un cambiamento fondamentale della natura del sistema sovietico”. Con la morte di Stalin, “l'inevitabile necessità di trasferire il potere in nuove mani... crea un momento di crisi per l'Unione Sovietica e per il sistema sovietico nel suo insieme. Non dobbiamo lasciarci ingannare dall'apparente fluidità del passaggio di potere”. I compiti erano quelli di “contribuire a: una divisione nelle alte sfere del regime, favorire la discordia tra Unione Sovietica, Cina comunista, paesi satelliti dell'Europa orientale, promuovere conflitti tra i principali leader o gruppi all'interno dell'Unione Sovietica”. Nei “confronti del mondo libero: sviluppare la fiducia nella leadership USA; distruggere la forza dei comunisti” nei paesi occidentali in cui si indeboliva la fiducia nella potenza USA. Indicativo il paragrafo sulla “lotta psicologica” in cui si affermava che l'attività segreta dovrebbe “stimolare diserzioni tra i rappresentanti ufficiali dei Sovieti e dei paesi satelliti”, diffondere “dubbi e incertezze tra le file dei partiti comunisti nei paesi satelliti e nei paesi del mondo libero”. Si osservava che le “operazioni propagandistiche devono mettere in dubbio la stabilità dei vertici del nuovo regime. Sarà utile citare esperti di storia e affari sovietici contemporanei come Tito e gli ex comunisti, e pubblicare rapporti di ex rifugiati che hanno fatto parte dell'apparato comunista”. Si mirava anche a fornire “consigli ai cittadini sovietici per la sopravvivenza in questo periodo pericoloso e turbolento, indebolendone la fiducia nel sistema”. In relazione ai “paesi satelliti nell'Europa orientale”, si doveva “ispirare l'acuirsi degli atteggiamenti nazionalisti, inclusi quelli religiosi, il cui emergere è stato stimolato dagli eventi in URSS” ed era necessario “sostenete l'idea che i leader dei paesi satelliti siano tutti dei protetti di un tiranno morto, rafforzando i dubbi sui loro rapporti con i nuovi padroni del Cremlino”. Al rapporto del 1953 seguiva quello del 1957, che trattava, tra l'altro, anche di 12 aree ucraine, denominate “zone di lealtà”, in cui la popolazione, secondo Langley, avrebbe potuto sostenere operazioni armate, condotte da unità speciali USA per una possibile sollevazione antisovietica. Si guardava a diverse regioni ucraine, ma il massimo degli umori antisovietici era visto nelle tre regioni galiziane: L'vov, Ternopol e Ivano-Frank, da cui, non a caso, proviene oggi il grosso dei neo-nazisti addestrati dagli USA per l'aggressione al Donbass. I “Dieci colpi staliniani” Ma, anche all'interno dell'URSS, si ponevano le premesse per il successivo evolversi della strategia USA, molto tempo prima di Mikhail Gorbačëv. Passate appena tre settimane dalla morte di Stalin, il 21 marzo 1953 il Consiglio dei Ministri dell'URSS annullava quasi tutti i progetti industriali dell'ultimo quinquennio e la CIA, nel febbraio 1954, valutava le future conseguenze di tale passo: “Il Paese si è concentrato sull'agricoltura e sul rapido sviluppo di vaste terre vergini, che può anche portare a un rallentamento e sproporzioni nello sviluppo industriale dell'URSS". A ragione gli yankee potevano rallegrarsi dell'indebolimento della linea staliniana che, dopo la guerra, aveva mirato ad assestare colpi economici e ideologici all'imperialismo e alla sua strategia coloniale, con scelte fondamentali, tra le quali: la formazione di un blocco politico-economico anti-dollaro dei paesi socialisti e in via di sviluppo, con la creazione del Consiglio di mutua assistenza economica e la sua integrazione con i paesi post-coloniali; lo sganciamento del rublo dal corso del dollaro; il rafforzamento della solvibilità del rublo, con l'aumento dei salari e la riduzione costante di prezzi e tariffe; il contributo determinante alla vittoria della rivoluzione socialista in Cina; il rapido sviluppo tecnico-militare in risposta ai piani NATO di distruzione dell'URSS; la formazione della DDR, dopo la crisi di Berlino provocata dall'Occidente; la creazione del Patto di Varsavia nel 1955, come reazione alla nascita della UEO nel 1954, con la rimilitarizzazione della RFT e la sua unione alla NATO nel maggio 1955. Demoliti, o quantomeno indeboliti i principali capisaldi socialisti, gli USA avevano mano (quasi) libera e la storia sovietica, fino agli anni '80, ha mostrato alti e bassi nella contrapposizione all'imperialismo, fino all'annunciata crisi decisiva e l'avvio dell'era Gorbačëv, che apriva la strada al golpe eltsiniano. Ne era un tragico, e a suo modo “curioso”, antefatto (pur senza ricorrere a teorie “cospirative”) verificatosi allora: dopo le manovre militari del patto di Varsavia, “Scudo 84”, in Cecoslovacchia, nel giro di un anno morirono improvvisamente ben quattro Ministri della difesa: quello sovietico, Dmitrij Ustinov, nel dicembre 1984, quello cecoslovacco, Martin Dzúr, a gennaio 1985; a dicembre 1985 fu la volta del Ministro della difesa della DDR, Heinz Hoffmann e, due settimane più tardi, toccò all'ungherese István Oláh. L'atto conclusivo fu il completo smantellamento del Patto di Varsavia tra marzo e luglio del 1991. Così che oggi, secondo i dati di Mondo della disuguaglianza, il «10% dei russi più facoltosi possiede circa il 47% delle ricchezze del paese, mentre al 50% dei meno abbienti va il 17%. La stessa situazione di 115 anni fa: 47 contro 17» e Vladimir Putin, rispondendo alla domanda se non ritenga possibile un ritorno al socialismo, risponde che non si «devono ripetere gli errori dei decenni trascorsi» e «non dobbiamo attenderci l'arrivo del comunismo». Lo dice lui!
marzo 2021 redazione
1 Maggio
Primo maggio, pandemia e battaglie operaie per l'emancipazione Il ritornello del "siamo tutti nella stessa barca" ormai non regge più Michele Michelino Capitalismo e imperialismo unificando il mercato mondiale hanno creato un proletariato e una classe operaia internazionale sfruttata e con gli stessi interessi. Anche se divisi da confini nazionali, colore della pelle, divisi fra atei o agnostici, credenti, religiosi, lo sfruttamento unisce la classe operaia dimostrando che “gli operai non hanno patria”, così come le epidemie non hanno confini. Anche durante la pandemia, nonostante le restrizioni contro le libertà individuali e collettive - il lockdown, il coprifuoco - e la chiusura di aziende che i governi hanno imposto in tutto il mondo, lo sfruttamento operaio nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro non si è mai interrotto, anzi si è accentuato. Accanto a milioni di lavoratori costretti a lavorare nelle fabbriche, nei cantieri, nella logistica, nelle campagne e nel pubblico impiego - in particolare nella sanità senza sicurezza e turni di riposo obbligati a fare straordinari - altre centinaia di migliaia, milioni sono rimasti senza lavoro e senza salario, senza cassa integrazione o altri sussidi, altri ancora licenziati. La chiusura di settori lavorativi considerati non essenziali non è servita a ridurre o contenere il numero degli infortuni e dei morti sul lavoro, che invece sono in continuo aumento. Agli oltre 1.400 morti sul lavoro che avvengono ogni anno, e alle decine di migliaia di morti per malattie professionali considerati dai capitalisti “effetti collaterali” della produzione finalizzata al profitto, si sono aggiunte le centinaia di vittime, morti sul lavoro e di malattie professionali, dovute al coronavirus fra il personale sanitario, agli addetti alla logistica e ai riders. In questo periodo nonostante i divieti di manifestazione e di sciopero, le denunce contro chi si ribella e protesta, le multe e gli arresti degli operai combattivi, la lotta di classe fra capitale e lavoro non si è fermata e non va in quarantena. I borghesi, hanno continuato ad arricchirsi e i padroni a fare profitti anche in piena pandemia. I paesi imperialisti più forti si accaparrano le maggiori dosi di vaccini a scapito dei paesi più poveri e di quelli europei, l’uso di classe dei vaccini dimostra che la medicina preventiva è riservata prima di tutto ai paesi capitalisti. Le condizioni di vita e di lavoro della classe proletaria sono in continuo peggioramento. Sfratti, licenziamenti, arresti di operai in lotta per la difesa salario e del posto di lavoro, cassa integrazione, disoccupazione, attacco al diritto di sciopero e alla salute della classe proletaria sono fatti che avvengono quotidianamente. La borghesia italiana, per gestire lo scontro che si acuisce fra capitale e lavoro, ha varato il governo di “salvezza e unità nazionale” guidato dal “nuovo salvatore della patria” Mario Draghi ex governatore della Banca d’Italia e della BCE, chiamando all’unità “nazionale” tutte le classi sociali. In particolare i padroni chiedono agli operai, a tutti i lavoratori - costretti in molte situazioni a lavorare senza dispositivi di protezione individuali e collettivi in piena pandemia, e usati come carne da macello - di responsabilizzarsi e unirsi ai loro padroni per far riprendere i loro profitti. Nello stesso tempo il governo cerca tranquillizzare la Confindustria, la media e la piccola borghesia con “ristori”. La storia insegna che gli appelli alla pace, all’unità nazionale lanciati dai borghesi servono solo a smobilitare il proletariato, a contenere e spegnere la rabbia operaia. Far credere agli operai, agli sfruttati che durante le emergenze gli schiavi salariati sono liberi e uguali al padrone con gli stessi interessi e diritti serve solo a perpetuare il potere dei capitalisti. Il ritornello del "siamo tutti nella stessa barca" ormai non regge più. La barca in cui sono stipati i proletari fa acqua da tutte le parti e sta affondando sempre più, mentre i borghesi, le multinazionali - a cominciare da quelle farmaceutiche dei vaccini - vedono salire a dismisura i loro profitti. È bastato annunciare poter produrre i vaccini anticovid, ancora prima di averli testati e prodotti, che il valore delle azioni delle multinazionali del farmaco è salito alle stelle. Dopo il “patto sulla fabbrica” sottoscritto con l’accordo interconfederale del 9 marzo 2018 tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil per incrementare la competitività delle imprese, un nuovo patto è stato raggiunto fra padroni governo e sindacati. Il 10 marzo scorso, in nome dell’emergenza nazionale stato firmato il l "Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale" con il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta. Questi patti sottoscritti anche da altri sindacati falsamente autonomi o di base, in nome dell’emergenza nazionale hanno sposato completamente gli interessi dei padroni in cambio di privilegi come la partecipazione ai tavoli (di concertazione) governativi e l’ingresso nei salotti buoni della borghesia. I servi, cani da guardia del padrone, i dirigenti del movimento sindacale corrotti e l’aristocrazia operaia che vive delle briciole che i padroni concedono, vanno trattati alla stessa stregua. Il capitalismo è la società del crimine organizzato che prospera e si arricchisce sullo sfruttamento, sulle nuove malattie che crea e sulle disgrazie dei proletari e degli esseri umani. Oggi, utilizzando la pandemia, i capitalisti, le multinazionali, le banche, la finanza che controllano e decidono la politica che i governi borghesi devono attuare, ne approfittano per imporre sacrifici e sempre più pesanti misure contro la classe operaia e le masse popolari con l'imposizione di limitazioni alle libertà personali e costituzionali, ma non alle merci. L’accumulazione del profitto si realizza meglio con la pace sociale, ma in caso di conflitto la forza dello stato borghese diventa necessaria e utile al padrone. I lavoratori che si ribellano e difendono i propri interessi sono multati, licenziati, repressi, arrestati, condannati. Ogni momento di ribellione di massa, di socialità, di lotta di classe è criminalizzato. Scendere in piazza, riprendere i contenuti della giornata di lotta del 1° Maggio - manifestazione nata a Chicago nel 1886 e dal 1890 diventata una scadenza di lotta internazionale contro lo sfruttamento capitalista, per la limitazione dello sfruttamento giornaliero e la giornata lavorativa per le otto ore e altri provvedimenti legislativi al fine di tutelare l'integrità fisica del proletariato - oggi più di ieri diventa una necessità di sopravvivenza. Anche nel 2021 in piena pandemia da covid, nonostante i divieti di manifestare in molte parti del mondo il movimento operaio internazionale non rinuncia a scendere in lotta con parole d’ordine comuni contro lo sfruttamento, per la difesa della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori. Una delle conquiste del 1° Maggio, la giornata lavorativa di otto ore 8 ottenuta circa 134 anni fa (ormai messa continuamente in discussione) è ancora oggi all'ordine del giorno sui posti di lavoro (come per gli operai di Texprint di Prato), come rivendicare sicurezza e salute, ambienti salubri sul lavoro e sui luoghi di vita, la riduzione dell’orario di lavoro, la diminuzione di ritmi, pause, di lavoro e dispositivi di protezione individuali e collettivi per difendersi dalle vecchie e nuove malattie. Le "conquiste" operaie sono sempre state il risultato di una forte lotta di classe, una guerra civile fra la classe dei capitalisti e quella degli operai e dei rapporti di forza esistenti in quel momento e oggi come ieri il nostro motto è sempre "Proletari di tutto il mondo uniamoci". La nostra forza è nella solidarietà internazionalista, nell’unione tra gli operai che in tutto il mondo - e sono tanti - lottano contro lo sfruttamento, il capitale, l'imperialismo, le guerre. In questo 1° Maggio esprimiamo la nostra solidarietà militante rivoluzionaria agli operai, agli sfruttati, che combattono contro i propri padroni e l’imperialismo, agli antimperialisti e in particolare a tutti i compagni che nelle galere di tutto il mondo continuano a lottare PER IL SOCIALISMO E IL COMUNISMO.